Diciamo la verità. Per molti il salutismo – a tavola intendo – è un po’ una palla.
E’ vero che si tratta di una tendenza sempre più di moda diffusa, ed è altrettanto vero che proclamarsi vegetariani o vegani (che poi non per forza è sinonimo di una scelta salutista) fa figo, ma la stragrande maggioranza della popolazione sembra rimanere fedelissima alle tradizioni, comprando noncurante grassi saturi e olio di palma.
E se noi mamme prestiamo sempre più attenzione all’alimentazione dei nostri figli, protestando con le mense scolastiche per l’assenza del biologico, del biodinamico e del macrobiotico, mi chiedo come mai, alle feste di compleanno dei pargoli, pizzette, patatine e succhi di frutta confezionati continuino a non mancare.
Comodità, sicuramente.
Abitudine, anche.
Ma anche una sana consapevolezza del giusto equilibrio, credo. Quello tra il mangiar bene da un lato, e il vivere la tavola (o la coperta di un pic inc al parco) come momento di socializzazione, dall’altro.
Quello che ci evita di comprare merendine durante l’anno, ma ci fa capire che la torta di compleanno è più buona se al posto dello stelvia usiamo lo zucchero bianco (facciamo di canna, dai!). E che non succede nulla se, a merenda, ai biscotti integrali di farro alterniamo la pizza bianca o il pane con la Nutella.
Stavo per commettere questo errore, ma ho pensato a come sono cresciuta io. A cosa mi faceva felice. E a cosa fa brillare gli occhi di mio figlio, quando la sera, dopo cena, diciamo “dolcetto?!”.
E’ giusto educare ad una sana alimentazione, ma non catapultiamo che le nostre fissazioni (e con “nostre” intendo “mie”) nella vita dei nostri figli.
Che da adulti ci ringrazieranno per i valori delle analisi in ordine, ma anche per le foto di compleanno piene di zucchero e bambini felici.